Una mail di una lettrice e una risposta a tema psicologico su un argomento molto sentito oggi.
“Sono fidanzata da quasi 8 anni, ma da 3 anni viviamo la distanza. Abbiamo entrambi 26 anni. Il mio fidanzato lavora a Vicenza e io abito a Roma e abbiamo progettato il matrimonio per giugno 2020 .
Lui a settembre scorso ha terminato i 3 anni di leva volontaria nell’esercito, durante i quali eravamo lontani, ma ogni due settimane aveva i weekend liberi e tornava a trovarmi. Purtroppo però con l’attuale lavoro in Veneto non ha giorni consecutivi di ferie, ma solo la domenica, per cui è impossibile pensare a un viaggio in giornata, quindi avremmo scelto la strada della convivenza, pur senza rinunciare al matrimonio fra due anni. Abbiamo comunicato la nostra intenzione ai miei genitori e siccome sono figlia unica si è scatenata una guerra tra urla, pianti e scene tragiche, perché i miei desiderano per me il classico matrimonio tradizionale. Cosa mi consiglia per riuscire a convincerli?”
Gentile signorina, lei non dice se a Roma lavora o studia, o non ha alcuna attività, perché l’autonomia economica è un buon lasciapassare per l’autonomia personale e quindi per decidere senza interferenze.
Presumo sia lei a trasferirsi nella città dove lavora il suo fidanzato, almeno credo di dedurlo dal contenuto della sua mail. Non dice nemmeno se il suo eventuale trasferimento possa avere delle conseguenze sulla sua famiglia, ad esempio se lei lavora e il suo stipendio è di sostegno ai genitori, oppure se lei abbia invece necessità di un mantenimento in caso di trasferimento a casa del fidanzato, o abbia inoltrato altre richieste economiche ai suoi genitori: affitto o acquisto di una casa a loro carico, ad esempio, o altri motivi che comportino un sacrificio da parte loro eccessivo, che non sarebbe richiesto se restasse a Roma.
Premesso ciò, se i motivi non riguardano la sfera economica, trovo strano che a 26 anni lei sia ancora cosi dipendente dai genitori da non sapere gestire una situazione che rientra nella sfera della normalità di una persona adulta che si dovrebbe sentire libera di decidere la propria vita. Analizzi se la vostra decisione di convivenza non crei problemi a nessuno in termini pratici. Poi affronti, eventualmente insieme al suo fidanzato, la sua famiglia d’origine . L’importante è spiegare loro le vostre motivazioni con fermezza, senza spaventarsi dietro le urla e i pianti, che derivano solo da un retaggio culturale del tempo andato o forse dal timore del giudizio di parenti e amici. Talvolta le lamentele “a fin di bene” dei genitori nascondono un tentativo di manipolazione affettiva che nulla ha a che vedere con il benessere dei figli. Se lei dovesse rinunciare a una convivenza di cui è convinta, solo per non affrontare l’eventuale senso di colpa verso i genitori, rischierebbe di far pesare a vita questa decisione alla sua famiglia e di rovinare anche un buon inizio della coppia, che è l’unica a dover decidere di se stessa.
D’altro canto, che riflessioni potrebbe avere un fidanzato che si accorge di una così forte dipendenza della sua ragazza dai genitori? Un legame tale da ostacolare l’autonomia decisionale della stessa coppia da condizionarne il futuro? Senza rendersene conto, a volte alcuni genitori possono peccare di egoismo, non lasciando emotivamente liberi i propri figli di scegliere la loro strada.
E’ ovvio che una scelta importante come una convivenza necessita di autonomia interiore e soprattutto di assumersene in toto la responsabilità. Ma è libera di scegliere come meglio vivere col suo compagno, non le pare?
La sua fermezza e decisione saranno la migliore opera di convinzione per i genitori, che alla fine si adatteranno. La decisione spetta a voi giovani, non ai genitori, considerata la vostra età, che non è certo adolescenziale. I genitori possono esprimere un’ opinione a un figlio adulto, ma devono rispettare le sue decisioni.
Le ho fornito alcuni spunti di riflessioni in chiave psicologica, che spero saranno utili ad avviarla verso una corretta decisione. A meno che sia lei, cara ragazza, a nascondersi in modo inconsapevole ma non del tutto, dietro i divieti di mamma e papà….perchè cosi non è obbligata a prendere alcuna decisione. E’ proprio sicura che non sia lei a non accettare la convivenza? e che sia sempre lei a volere un rassicurante matrimonio tradizionale, con tanto di abito bianco e fiori d’arancio?
Dott.ssa Paola Federici , Psicologa Psicoterapeuta
Ricevo a Binasco (MI) – Rapallo (GE)
www.paolafederici.com