Il peso delle distorsioni cognitive nell’attacco d’ansia

Dott.ssa Paola Federici in conferenza (Milano)

Dott.ssa Paola Federici in conferenza (Milano)

Alcuni pensieri automatici, dei quali non ci rendiamo conto, sono responsabili di creare ansia, fobie, attacchi di panico e sentimenti depressivi. Ecco le distorsioni cognitive più comuni e come fare per non cadere nella loro trappola.

di Paola Federici

Se ci fate caso, prima di ogni emozione, la nostra mente crea un pensiero.  In un batter d’occhio, senza che ce ne rendiamo conto, in ogni situazione noi avvertiamo subito un’emozione. Ma è un attimo prima dell’emozione che arriva il pensiero, causa dell’emozione stessa.

E’ affascinante quindi potersi accorgere dei propri pensieri in tempo utile per poter influenzare le emozioni che ne conseguono. In particolare è un sistema prezioso e utilissimo per le persone altamente ansiose, per coloro che temono alcune situazioni sociali, come parlare in una riunione o avere lo sguardo degli altri puntato addosso come in una conferenza.

Qualunque cosa farai nella vita, non combinerai mai nulla

Questa frase risuona ancora nelle orecchie e nei ricordi di molte persone. Può essere un ricordo di una frase detta da un genitore, o da un professore di una materia che si odiava, o del primo datore di lavoro…..ma sono frasi che spesso, stampate nella memoria, possono  creare pensieri  che arrivano in modo del tutto automatico, tanto che quasi mai  ce ne rendiamo conto, che sono estremamente negativi.  Pensieri e frasi che hanno un potere immenso, quello di gestire le emozioni che proviamo. Emozioni che vanno dall’ansia alla paura immotivata, dal timore del giudizio degli altri, al sentirsi imbarazzati e incompetenti, tanto per fare alcuni esempi.

Sono pensieri che arrivano in modo inconsapevole e automatico, in situazioni in cui ci si mette in gioco, di lavoro, di studio, in colloqui per migliorare la propria condizione di vita, o con una ragazza che piace cosi tanto da sentirsi immeritevoli in partenza, tanto da non provarci neanche.

Sono pensieri che concludono a priori in modo negativo una situazione che potrebbe , al contrario, evolvere positivamente, se solo avessimo la mente libera e aperta. Sono le cosiddette “distorsioni cognitive”, perchè hanno la capacità di distorcere la realtà, cioè di mostrarcela per quella che  non è, a priori e senza alcuna possibilità di uscita.

Peccato che tutto questo accada solo nella testa di chi è preda di una di tali distorsioni , tali da creare forte ansia, paura  tale da prevedere solo disastri , figuracce di fronte a tutti e  senza possibilità di prevedere vie d’uscita alternative. Emozioni  cosi forti da provocare spesso evitamenti di situazioni, fughe, pretesti, pur di non partecipare a una riunione, a una conferenza, a un corso, a una cena di lavoro e altre situazioni sociali.

I pensieri distorti causano forti emozioni negative: ansia nelle sue diverse gradazioni d’intensità, fino all’attacco di panico vero e proprio, senso di inadeguatezza e di incapacità, paure irrealistiche di venire giudicati negativamente in modo irrimediabile e per sempre .

Questi sono soltanto esempi di come i nostri pensieri influenzino le nostre emozioni, per fortuna non solo in negativo, ma anche in positivo. E’ importante imparare a essere consapevoli del pensiero che attraversa la nostra mente un momento prima di sentire la tachicardia, o mancare il fiato per il respiro corto, o di essere preda dell’ansia e di giramenti di testa in situazioni che per gli altri sono del tutto tranquille.

Alcune distorsioni cognitive più comuni

  1. Il pensiero dicotomico o “tutto nero/tutto bianco.
  2. La catastrofizzazione.
  3. Squalificare il positivo.
  4. L’etichettamento
  5.  Il bicchiere mezzo vuoto (o astrazione selettiva)
  6. La lettura del pensiero
  7.  La doverizzazione

Tra i più comuni “pensieri automatici” di cui molti pazienti affetti da ansia e attacchi di panico non si rendono conto, ho riscontrato la catastrofizzazione, una predizione negativa sul futuro, che si dà per certa, senza avere nessun elemento che la giustifichi “sarò cosi angosciato che non riuscirò a dire niente a quell’esame”. Oppure: “Tanto, anche se studierò come un pazzo, so già che quell’esame non lo supererò mai”

Anche l’etichettamento e la lettura del pensiero non hanno basi reali dimostrabili, eppure sono pensieri distorti causa di ansia, vergogna, fobie sociali e fughe da situazioni. Ad esempio chi pensa: “sono un perdente” oppure “quella persona mi considera incapace” è possibile che si trascini da anni una di quelle frasi dette dal suo professore. Frasi che ritornano in situazioni dove occorre dimostrare di saper fare qualcosa o di essere “all’altezza”, capaci di creare ansia anticipatoria molti giorni prima dell’evento temuto. L’ansia la si sente, ma la frase e il pensiero che ne sono l’origine sono invece divenuti talmente automatici da non essere più in grado di individuarli.

Squalificare il positivo è il cosiddetto “si, ma…“.  Tutti conosceremo persone che, anche di fronte all’evidenza, vi risponderanno sempre con un “sì, ma…”. Se gli dite “sei stato in gamba, hai esposto cosi bene le cose durante la riunione che tutti hanno capito perfettamente”. La risposta del si…ma è del genere :” Sì, ma non erano argomenti cosi importanti”. Oppure chi ha avuto 30 e lode a un esame difficile “Sì, ma è stata solo fortuna”.

La lettura de pensiero è una distorsione cognitiva comune a molti cosiddetti “timidi” o che credono di esserlo. Eccone un esempio: “tutti mi guardano, staranno pensando che sono ridicolo”, o anche “Il professore mi sta fissando, penserà che sono una frana”.

E’ ovvio che un pensiero del genere possa bloccare un oratore nel bel mezzo di un’esposizione, o uno studente che pensa allo sguardo del professore che lo fissa (perchè pensa sia una frana), mentre in realtà il prof. ha lo sguardo fisso perchè sta pensando ai fatti suoi…..

E che dire della astrazione selettiva o “bicchiere mezzo vuoto”?

Ho preso un brutto voto in matematica, ma non ricordo tutti gli altri bei voti nelle altre materie. E ancora : “Oggi il capo mi ha fatto notare un errore, sarei sprofondato, non merito la promozione che mi ha promesso” (ma dimentico che fino a due giorni fa mi ha fatto molti elogi )

La doverizzazione è un’idea fissa che “obbliga” a “dover essere” in un certo modo per corrispondere a un ruolo, a una situazione, a una richiesta, pena terribili conseguenze…..

Esempio: non è ammissibile che nel ruolo di segretaria di direzione, abbia commesso quell’errore”. Mostrarsi impreparati  è inaccettabile”.

Pensieri di questo tipo sono legati al perfezionismo, alla non accettazione di sè, con i propri pregi ma anche difetti, con l’essere alla fine “umani” e perciò imperfetti.

Vedremo nel prossimo articolo come si possono superare le distorsioni cognitive, attraverso esercizi appositi, che gli psicoterapeuti cognitivo-comportamentali chiedono ai loro pazienti di fare a casa, tra una seduta e l’altra, in situazioni gradualmente da semplici a sempre più complesse. L’obiettivo è quello di accorgersi in tempo utile del pensiero distorto, di sostituirlo in modo da diminuire l’intensità dell’emozione : quasi sempre l’ansia, la vergogna, l’inadeguatezza, la paura degli altri , la paura del giudizio, la paura in generale.

(1. continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Le strategie cognitivo-comportamentali per soluzioni a breve termine

Presso questo Centro Psicologico, la dott.ssa Paola Federici integra la psicoterapia cognitivo comportamentale con la psicoterapia autogena, con esercizi di T.A. e a volte, se necessario e con l’assenso del paziente, con alcune sedute di ipnosi terapeutica.

Riceve a BINASCO, in via Binaschi 19 (Tel. 02.9055510 – cell. 339.4632424

Milano, via Tolmezzo, 12/1 – (Metrop. verde fermata Udine) cell. 339.4632424

ORARI: dalle 9,30 alle 20 solo previo appuntamento. Si riceve anche in ora pausa pranzo.

Potete anche inviare una mail a: paolafedera@gmail.com

(Per approfondire leggi l’articolo “Psicoterapia cognitivo-comportamentale ” )

Dott.ssa Paola Federici

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Scrivere è terapeutico, vediamo perchè

Molti psicoterapeuti chiedono ai loro pazienti di scrivere, tra una seduta e quella

Scrivere è terapeutico

Scrivere è terapeutico

successiva, quello che passa loro per la testa, sensazioni, riflessioni, ricordi che possono emergere, flash improvvisi. Oppure anche disegnare se qualcuno lo fa volentieri.

Personalmente chiedo, fin dal primo incontro, di prendere un blocco note di dimensioni ridotte, tanto da poter essere tenuto in borsetta o in uno zainetto e di portarlo sempre con sé. Questo consente di scrivere in qualunque momento della giornata un appunto, un flash, una sensazione, per poterla poi approfondire in seduta. Sono poche le persone che  seguono subito il consiglio, molti invece “dimenticano” di acquistarlo, o “dimenticano” a casa ogni volta il quaderno, tanto che da anni addirittura lo regalo ai miei pazienti. Ne ho una pigna a fianco della mia scrivania, con le copertine di colori diversi e faccio scegliere quello del colore preferito.

Le persone che non mi conoscono, mi guardano stranite, mi rispondono “ma no…..lo posso comprare…” In realtà un buon 80% di pazienti non lo acquista, se lo dimentica, cerca scuse. La maggior parte di persone non scrive, fatica a scrivere, non ne ha mai avuta l’abitudine.

E invece è dimostrato – lo troviamo in testi di molti autori illustri del campo della psicoterapia – che scrivere è terapeutico. Penso  per esempio ad Assagioli e alla sua terapia esistenziale, la psicosintesi,  penso  alla psicoterapia cognitiva comportamentale che richiede consapevolezza dei propri pensieri, per rendersi comto che le emozioni ne sono una diretta conseguenza. Se scrivo il pensiero che mi balena in mente, mi rendo conto che , se lo cambio, invece dell’ansia, avrò una emozione diversa. 

Alcuni motivi importanti per tenere un blocco note con sè e usarlo:

  • Aiuta la riflessione, nonchè il recupero dei ricordi anche lontani o rimossi.
  • Facilita il recupero delle emozioni: sono molte le persone che non sanno dare nome alle emozioni che provano. Ma occorre toccare con mano affinchè se ne rendano conto. E scrivere obbliga a cercare le parole, a “sentire” come ci si sente.
  • Scrivere obbliga le persone a prendersi uno spazio, ogni giorno, anche di pochi minuti, soltanto per sè. Sono molto poche le persone, soprattutto le donne e le madri di famiglia, che si consentono di prendersi uno spazio tutto per sè (ricordate lo splendido racconto “Una stanza tutta per sè” di Viriginia Woolf?)
  • Scrivere è confrontarsi con se stessi , smettere di bleffare. Molti pazienti, quasi tutti, bleffano con se stessi e coi propri problemi. Scappano dal confronto con la realtà, si illudono e vedono una loro realtà immaginaria, con la quale difendono le proprie certezze, anche se proprio queste difese li fanno stare male e sono causa dei loro malesseri, ansie, angosce, paure.
  • Scrivere è stare soli con se stessi, ogni tanto. Una sana abitudine per non avere più paura dei “vuoti”, per smettere di fare gli iperattivi/e, di correre continuamente per non pensare, o di lavorare 16 ore al giorno fine settimana compresi, pur di non trovarsi col senso di vuoto.
  • Ed è per la paura di queste paure che la maggior parte di persone dimentica il quadernetto, o trova scuse come uno scolaretto per non averlo acquistato. Teme la pagina bianca come teme il proprio vuoto. Scrivere è cominciare a riempire quel vuoto e accorgersi che lo si può fare.
  • Perciò scrivere è terapeutico.

Paola Federici, 26 febbraio 2016

Sono graditi commenti e opinioni. Proprio qui sotto. 

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Hai un problema, scrivi alla psicologa

Scrivi alla psicologa

Scrivi alla psicologa

Stai attraversando un periodo difficile, hai problemi di relazione, di lavoro, familiari.
Ti senti insoddisfatto di qualche settore della tua vita? quello affettivo, quello sociale, o lavorativo.
Hai problemi a gestire l’educazione dei tuoi bambini o dei figli adolescenti?
Sei in crisi matrimoniale a non sai cosa fare, vorresti essere aiutato a capire meglio te stesso/a e la tua relazione di coppia?

Queste e altre situazioni possono portare problemi di ogni tipo, blocchi nelle decisioni, ansia talvolta ingestibile, paure di cui ti vergogni perchè sei un adulto/a e non “dovresti” avere paura. Almeno di questo sei convinto, ma non è detto che sia cosi. Forse capirti meglio e farti aiutare da un esperto ti potrebbe aiutare.
Talvolta bastano poche sedute di chiarimento, altre volte  ne occorrono di più o seguire un percorso di autoconsapevolezza.

Puoi scrivere senza impegno alla psicologa, in modo del tutto anonimo e chiedere un parere. Solo in seguito se vorrai e lo riterrai opportuno, potrai chiedere un colloquio di persona. Sei comunque tutelato dall’anonimato nella risposta e dal segreto professionale da parte del professionista della salute psichica, che ne è garanzia assoluta.

Puoi scrivere all’indirizzo mail della dott.ssa Paola Federici, spiegando la tua problematica e avere una risposta nel giro di qualche giorno.
Scrivi a : paolafedera@gmail.com

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Sintomi e patologie

Presentazione di "Gli adulti di fronte ai disegni dei bambini" alla libreria dei ragazzi a Milano

Presentazione di “Gli adulti di fronte ai disegni dei bambini”

Sintomi e patologie trattate al Centro Psicologico della dott.ssa Paola Federici

Disturbi d’ansia: ansia acuta e attacchi di panico, agorafobia, ansia generalizzata o legata a specifiche situazioni
Idee ossessive e azioni compulsive
Fobia sociale fobia
Fobie e ansia post-traumatiche e da stress

Disturbi di personalità
Disturbi dell’umore: depressione, ciclotimia ansioso-depressiva, premestruale, alterazioni dell’umore
Disturbi psicosomatici
Ipocondria – Tic negli adulti e nei bambini
Nodo alla gola sintomi gastro-intestinali
Ipertensione da stress, stili di vita errati
Dolore mestruale psicogeno
Agitazione psicomotoria
Disturbi alimentari: anoressia bulimia, abbuffate compulsive
Disturbi del sonno: insonnia, ipersonnia,  incubi notturni (adulti e bambini)

Dipendenze patologiche sintomi legati a stress, burn-out, mobbing

Età evolutiva e adolescenza
Problemi di apprendimento e problemi scolastici, ansia da separazione
Fobie nei bambini, disturbi della nutrizione, alterazioni dell’umore, problemi del linguaggio
Balbuzie, disturbi capacità motorie enuresi ,encopresi -i Disturbi della condotta, problemi di relazione con adulti e coetanei – Comportamenti a rischio
Problemi affettivi e relazionali
Sospetti abusi

Separazione e divorzio, problemi di adattamento e problemi lavorativi
Dipendenze patologiche affettive
Dipendenze da farmaci , da fumo, ecc.

Si riceve su appuntamento in orari da concordare dal lunedi al venerdi, il sabato solo su effettiva necessità: tel.02.9055510 – cell. 339.4632424 o scrivere a: paolafedera@gmail.com

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Test per conoscerti

Un test tratto da Elisa di Rivaombrosa
Quanto riconosci di Elisa in te?

Pubblicato su “Confidenze”
Di Paola Federici
Psicologa psicoterapeuta

IL TEST
Abbiamo ideato un test, che parte proprio dal confronto con questo personaggio, per arrivare a delineare tre tipi di personalità. Ognuna di voi potrà, dopo aver risposto al test, ritrovarsi in una delle tre tipologie. Seguirà, per ogni tipo di personalità, la descrizione del proprio modo di essere e di gestire l’esistenza. Se ti vuoi guardare allo specchio, non ti resta che provare a rispondere!

SEI DOMANDE E TRE POSSIBILITA’ DI RISPOSTA
Eccovi le domande. A voi collocare le crocette, sempre, come d’abitudine, in modo spontaneo e senza pensarci troppo.

LE DOMANDE

1. Stai frequentando la compagnia del tuo nuovo ragazzo, del quale vai pazza. Ma…ti senti esclusa dai suoi amici, come se ti sentissi giudicata e guardata dall’alto in basso. Come ti senti?
A. Vai avanti imperterrita, ti senti sicura perché hai lui al tuo fianco.
B. Ti senti così piccola e trattata ingiustamente. La prossima volta gli chiederai di uscire voi due da soli.
C. Non ti senti del tutto a tuo agio, ma tutto sommato è normale: non vi conoscete ancora. “Fra un po’ di tempo – pensi – sono sicura che mi inserirò nel nuovo gruppo e sarò accettata anche da loro.”

2. Il tuo ragazzo frequenta da una vita i suoi amici, ormai siete insieme da tempo, ma non ti ha ancora presentato. Preferisce mantenere distaccate le due cose: quando esce con te siete solo voi due, quando esce con i vecchi amici (e amiche) ti lascia a casa. Tu cosa fai?
A. Sarà lui a capire quando è il momento di presentarmi. Se non se la sente ancora, non sarò io a chiederglielo. Piuttosto soffro in silenzio.
B. Mi rodo ogni volta che esce con il suo gruppo, fantastico che si stia divertendo senza di me….ma non riesco a dirgli nulla.
C. Non se ne parla nemmeno di una situazione del genere. Con me non accadrà mai, metterei subito le cose in chiaro alla prima occasione.

3. Che tipo di matrimonio preferisci?
A. Un ricevimento con pochi intimi, ma che siano sinceri. L’importante siamo noi.
B. Un ricevimento sfarzoso e con moltissimi invitati: tutti dovranno saperlo. Creperanno d’invidia.
C. In fondo non è questo l’importante per me: anche la convivenza mi va bene, però che ci sia chiarezza nel nostro rapporto fin da subito.

4. A una tua amica è successo di rimanere incinta. Non era previsto e si sente scombussolata, non sa come comportarsi col fidanzato. Cosa le consigli?
A. Le direi di sondare il punto di vista del fidanzato: in fondo molto dipende anche da lui..
B. E’ una situazione che solo il pensiero mi mette sottosopra, figurarsi se riuscirei a consigliare un’amica.
D. La decisione spetta soltanto a lei: se la sua vita ne sarà sconvolta o meno solo lei lo sa ed è in grado di decidere se averlo o meno. Le direi di essere molto razionale.

5. A una festa di chi potresti avere un colpo di fulmine?
A. Del più ammirato e corteggiato dalle altre.
B. Dell’uomo più in disparte e più timido
C. Non credo nei colpi di fulmine

6. La tua visione della vita:
A. Un sogno che può divenire realtà
B. Una fatica che ogni giorno devo affrontare
C. Un’ avventura che tutto sommato vale la pena sperimentare.

SOLUZIONE
Adesso fai la somma delle risposte A, B e C.
Se hai totalizzato un maggior numero di A, corrispondi al tipo della ROMANTICA. Se hai totalizzato più B, corrispondi alla SFIDUCIATA col maggior numero di C al profilo REALISTICA. Vai a leggere il tuo profilo.
Potrebbe accadere che le tue risposte siano pari: esempio 3 A e 3B oppure 3B e 3 C, oppure 3A e 3C. In tal caso il tuo sarà un PROFILO MISTO, le tue caratteristiche appartengono ad ambedue i profili.

I PROFILI

A. LA ROMANTICA: Ti credi sicura di te, ma ti appoggi molto a lui.
Elisa è il tuo modello, sei coraggiosa ma se ti innamori diventi dipendente. Sei fondamentalmente una gran romanticona e nella storia di Elisa ti sei soprattutto identificata con lei. Se non c’è il tuo lui al tuo fianco, ti senti persa. Non sei priva di coraggio, tutt’altro, ma lasci le decisioni a lui.
Consiglio: i sentimenti sono importanti, ma stare in piedi con le tua gambe ti sarebbe utile per sentirti meno dipendente dal “destino”. Prova a rafforzare un po’ la stima che hai di te stessa e vivi prima di tutto per te. I tuoi desideri sono importanti, difendili un po’ di più.

B. LA SFIDUCIATA: Insicura, credi poco in te stessa. Nella storia di Elisa ti sei lasciata affascinare dalla “favola romantica” e dall’idea del principe azzurro che, col suo cavallo bianco, ti risolve tutti i problemi trasportandoti in un mondo ideale. Ciò nasconde la tua insicurezza, la paura di non sentirti adeguata in una realtà che non ti piace. Ma tu cosa fai per cambiarla?
Il consiglio: La bacchetta magica non è di questo mondo, non nasconderti dietro i paraventi, prova ad affrontare la vita in prima persona e in modo un po’ più attivo. Se prendi qualche iniziativa anche tu, avrai maggiori possibilità. Un po’ di coraggio, altrimenti rischi di perdere anche lui. E ricordati che il mondo ideale non esiste.

C. LA REALISTICA: Sei la concretezza in persona, autonoma in tutto, non ti piace dipendere dagli altri. Tutto il contrario della protagonista della storia. . Se ti vogliono ti prendono come sei. “Chi non mi vuole non mi merita” è il tuo motto. Sai cosa vuoi e dove vuoi arrivare e, quando senti puzzo di smancerie, giri alla larga.
Il consiglio: A volte l’eccessivo realismo allontana gli altri. La tua razionalità lascia poco spazio alle sensazioni e ai sogni. Forse hai timore di scoprire le tue emozioni? Ogni tanto lasciarsi andare è salutare e aiuta la spontaneità.

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Scarabocchi sovrapensiero

Cosa puoi capire di te quando la penna vaga senza meta
Pubblicato in “Confidenze”

Di Paola Federici *
* Psicologa Psicoterapeuta esperta di analisi del disegno (Ha fondato il Centro Psicologico e di Terapie Naturali a Binasco (MI)

I disegni automatici hanno un significato?
A tutti ogni tanto capita di trovarsi a tracciare scarabocchi e disegnini vari, mentre si è soprapensiero. Succede quasi sempre quando la mente è occupata a fare qualcos’altro, solitamente prioritario. Per esempio scarabocchiamo sul bloc notes degli appunti quando parliamo al telefono, oppure se stiamo discutendo animatamente per convincere l’altro della bontà di una nostra idea. Molto frequenti gli scarabocchi involontari nel corso di riunioni di lavoro.
Alla fine della telefonata o del meeting ci accorgiamo di aver riempito pagine e pagine del blocco con sghiribizzi più o meno strani, talvolta perfino con disegnini carini e simpatici come quelli dei bambini. La cosa singolare è che questi segni vengono tracciati in modo talmente automatico da non rendercene conto a livello cosciente. Poi, una volta terminata la riunione o la telefonata, se andiamo a sfogliare quelle pagine “pasticciate”, ci capita di non riconoscere come nostri quegli scarabocchi. Un senso di estraneità ci coglie nell’osservare pupazzetti, freccine, omini stilizzati, tracciati geometrici, addirittura cifre che paiono codici segreti: una sequenza di segni che si sono prodotti quasi da sé. Di certo in modo inconsapevole, visto che la nostra mente era impegnata su ben altri fronti. Quante volte ci siamo chiesti, osservando allibiti ciò che il nostro inconscio aveva prodotto, se quei segni potessero avere qualche significato!

Un significato ce l’hanno e ben più profondo di quanto pensiamo!
Solo per il fatto che i disegni siano scaturiti in modo automatico, dobbiamo pensare di attribuire loro una motivazione. L’automatismo funziona un po’ come i lapsus freudiani, le dimenticanze e le inversioni di nomi. Un esempio classico ormai da barzelletta è quello del marito che chiama la moglie col nome dell’amante, ovviamente quando è distratto o magari nel sonno. Quando la parte razionale di noi allenta le redini, ecco le emozioni prendere il sopravvento e il nostro vissuto più profondo si manifesta senza censure.
Ebbene, gli scarabocchi vanno letti in questa stessa chiave: poiché si producono quando la razionalità è occupata in altre cose “più importanti”, le emozioni hanno il campo libero. Se la mano va da sé e gli sghiribizzi riempiono il foglio, possiamo leggere in essi il nostro temperamento, i nostri desideri, la nostra sensibilità. Insomma, un test immediato su chi siamo veramente, dietro la facciata delle quotidiane incombenze.
Vediamo alcune chiavi di lettura .

Il meccanismo della proiezione
Perché si possono interpretare i disegni automatici? Come in ogni altra produzione grafica, scatta un meccanismo particolare, che si chiama “proiezione”. Cosa significa? Ognuno di noi, allentando il controllo razionale, lascia trapelare emozioni, desideri, rabbia, scontento, desideri, sogni e fantasie. Proiettare vuol dire utilizzare il foglio bianco come uno spazio su cui esprimersi. E’ come se paragonassimo il foglio a un ambiente dove ci si trova con altre persone. Ognuno di noi assume un atteggiamento diverso e si comporta in modo molto personale in mezzo agli altri: ebbene il foglio è un invito a esprimersi. L’espressione individuale appare così nel disegno prodotto.
Il meccanismo proiettivo è quindi in gradi di dirci molto sulla personalità dell’autore del disegno.

Tipologie di scarabocchi automatici

1. I disegni geometrici e i numeri.
Chi preferisce, senza accorgersene, tracciare cifre o fare scacchiere, cubi e figure geometriche, ammette una propensione verso la razionalità piuttosto che per le emozioni. Nei loro ricordi infantili, quasi sicuramente prediligevano i problemi di aritmetica e geometria ai temi. Nel disegno avranno preferito quello tecnico, con regole severe e rigide, a quello libero artistico. Come dire che nella vita di questi personaggi l’ultima parola ce l’avrà sempre la ragione. Difficilmente l’autore farà un colpo di testa per amore o una follia dettata dalla passione. Alla fine tutto dovrà quadrare.
Chi predilige i disegni geometrici a incastro, una sorta di puzzle tradotti sulla carta, potrebbe avere una predisposizione alla tattica, un po’ cerebrale certo, ma in alcune occasioni potrebbe essere capace di manipolare le situazioni a proprio favore.
2. Le freccette meritano un discorso a parte: sono comuni a molte persone, che le disegnano in svariate posizioni e con tante punte, talvolta sovrapposte. Osservate dove puntano le frecce: se verso l’alto e verso destra, l’autore è un ottimista, sta cercando di raggiungere i suoi obiettivi. Se però l’autore disegna frecce con la punta rivolta sempre verso il basso, sta attraversando una fase di depressione. Ha bisogno di aiuto! Se le frecce lasciano vuoto lo spazio inferiore per collocarsi nel bordo superiore del foglio, è facile che l’autore sia un idealista, una persona dalla fantasia spiccata e dalla fervida immaginazione…che non sempre però riesce a portare a termine i propri obiettivi, perché non sempre ha i piedi per terra. Al contrario, se le frecce riempiono soltanto la parte inferiore del fogli, l’autore avrà uno spirito prevalentemente pratico, un’ottima manualità, ma non si sbilancerà in progetti che non avrà prima valutato e ponderato. Per contro, potrebbe anche lasciarsi sfuggire qualche bella occasione, per eccesso di prudenza , sotto al quale cova…un po’ di insicurezza.
3. Casette e paesaggi. Si torna alla propria parte “bambina” che tutti abbiamo dentro di noi ma che nel mondo di fuori non possiamo certo far emergere. Nei momenti di relax o quando non stiamo controllando le emozioni ecco riemergere la casa-nido, quell’Io bambino che conserviamo gelosamente insieme ai bei ricordi d’infanzia. Simbolo tipico è la casetta col camino che fuma, disegnata piuttosto spesso sia da uomini e donne in carriera, da manager rampanti sia da mamme gratificate dalla loro quotidianità. Insomma, la casa è un simbolo universale e disegnarla fa rivivere emozioni vere, delle quali si ha comunque bisogno di attingere anche nella vita adulta. In fondo tutti sogniamo di rifugiarci, la sera, in una casa accogliente. Se il fumo esce dal camino, la ricerca del calore familiare è un obiettivo primario. Anche gli uomini possono disegnare case e ambientazioni naturalistiche, anche se questa tipologia di disegno appartiene di più al sesso femminile, tant’è vero che ognuno proietta nel disegno automatico quella parte di sé non sempre facilmente ammissibile, per esempio la propria componente femminile che, come ormai ampiamente dimostrato, appartiene anche al sesso maschile. Perciò le persone dolci, che amano il calore familiare o chi si trova in periodi particolarmente stressanti e sotto tensione, finisce per desiderare la quiete dell’intimità e il calore della famiglia e lo esprime in disegni di questo tipo.

3. Alberi e fiori. L’albero è un altro dei disegni automatici più spesso rappresentati. La simbologia dell’albero richiama al sé: gli psicologi affermano che il tronco rappresenta l’Io presente e il modo con cui si affronta la vita, la chioma simboleggia il futuro , mentre le radici richiamano al passato. Quindi se una persona disegna un tronco grosso e ben piantato ma con una chioma piccola e schiacciata, significa che tende a vivere alla giornata e le sue sicurezze sono legate a ciò che ha conquistato fino a quel momento. Viceversa una chioma esageratamente grande collocata su un tronco esile mostra una personalità sognatrice ma poco concreta. Fiori, erba, cespugli e paesaggi di contorno indicano buone capacità di osservazione e di adattamento all’ambiente.

4. Pupazzetti, omini e animali.
Sono piuttosto comuni nei disegni di molte persone. Le faccine con le espressioni più varie, gli omuncoli a mezza via tra l’umano e l’animale, i pupazzi dei cartoons. Sono dei modi per prendersi tempo e riflettere, altre facce di se stessi, mascherate, che presentiamo al mondo. Sono visi spesso scherzosi, appartengono a coloro che cercano di sdrammatizzare le seccature della vita. Se però i visi hanno una espressione cupa o minacciosa, o gli animaletti mostrano i denti aguzzi, l’autore cova una aggressività un po’ troppo repressa da tempo. Attenzione! Potrebbe farvi un voltafaccia improvviso o prepararvi un tiro mancino poco simpatico!

5. Personaggi clichè (clown, cow boy, cartoni animati)
Non solo i bambini disegnano personaggi clichè, di solito tratti dai cartoni animati e dai fumetti, ma anche alcuni adulti. Un personaggio-clichè è appunto un personaggio standard, che non ha nulla di personale, ma esprime la simbologia del personaggio che rappresenta. Ad esempio il clown l’allegria un po’ forzata, il cow boy e l’uomo mascherato sono gli eroi in assoluto, i miti della fanciullezza e dell’adolescenza e così via. Senza ombra di dubbio chi si lascia andare a questi disegnini stilizzati ricalca percorsi già predisposti, in realtà nulla di nuovo. Si tratta di simboli maschera di un proprio stato interiore. Un esempio fra tutti: la figura del clown che “deve” far ridere sempre e comunque nasconde spesso una maschera di tristezza. Chi disegna il clown tende spesso a mascherare i propri disagi, a non farne partecipi gli altri, perché si sente in dovere di mostrarsi sempre come una persona senza problemi. Forse è stato responsabilizzato un po’ troppo presto, dovendosi assumere impegni eccessivi per l’età.

Cosa analizzare in uno scarabocchio?

1. Lo spazio occupato e quello lasciato vuoto: rappresenta il modo in cui una persona si muove nell’ambiente. Più lo spazio è occupato più l’autore è dinamico e pieno di iniziativa, se al contrario il disegno occupa solo una piccola parte del foglio e lascia molto margine bianco, significa che può assumere atteggiamenti passivi e si lascia facilmente prevaricare dagli altri.
Lo spazio ideale è quello che occupa i due terzi del foglio. Quindi il disegno deve apparire ben centrato con spazi armoniosamente lasciati vuoti ai margini superiore, inferiore, destro e sinistro.
Se lo spazio è troppo riempito: indica confidenza e fiducia in sé, ma un po’ esagerata. Come dire che la persona può risultare un tantino arrogante e onnipresente….un po’ come il prezzemolo. Incapace di tenere conto dei bisogni altrui. Accade quando il disegno dà la sensazione di non starci completamente nel foglio, come se non si fossero prese le misure adeguate, quando restano fuori i piedi del pupazzetto o perfino le gambe a volte.

2. Il tratto e la pressione: le linee grosse e calcate dicono che l’autore possiede una energia d’urto considerevole, talvolta eccessiva tanto da diventare una specie di bulldozer nei rapporti interpersonali. Se poi le linee sono rette e formano parecchi angoli, i modi possono diventare piuttosto bruschi. Al contrario, un tratto lieve e sottile mostra un temperamento cauto, una persona che si può intimorire di fronte a chi fa la voce grossa. Solitamente questa caratteristica si accompagna a gesti curvilinei e delicati. L’ideale è che il disegno presenti una varietà nel tratto e nella pressione per essere equilibrato.

3. Angoli e curve: un segnale di equilibrio e armonia si coglie a prima vista, quando il disegno si presenta come un insieme di linee armoniche e soprattutto curve. Quando invece le linee si interrompono bruscamente e formano angoli improvvisi, l’andamento cambia spesso direzione e assume un aspetto disarmonico, l’autore denuncia nervosismo e tensione. Le motivazioni, ovviamente, non emergono da pochi disegni, ma l’inconscio mostra una tensione emotiva , che può avere origini diverse.

4. Le dimensioni del disegno: grandi o piccole, enormi o piccolissime. Il disegno può inserirsi nello spazio del foglio con tutta la sua imponenza od occupare un piccolissimo punto centrale, lasciando bianco e inutilizzato il resto della carta a disposizione. Se il disegno è grande il suo autore si sente importante, si impone agli altri, se al contrario il disegno è piccolissimo l’autore vive se stesso con un senso di inferiorità e di inadeguatezza. In questo caso l’equilibrio sta nel mezzo.

5. Le sfumature e i colori.
Chi disegna in bianco e nero e chi preferisce i colori. La differenza sta nella sensibilità: coloro che non amano usare i colori tendono ad essere razionali e logici nelle decisioni. Viceversa chi ama i colori e disegna direttamente col pastello o col pennarello, è soprattutto un emotivo.

Significati emozionali dei principali colori.

Rosso: chi utilizza in prevalenza questo colore è dinamico e pieno di iniziativa. L’energia è forte e ha bisogno di esprimersi. Attenzione però: quando il rosso è quasi esclusivo o associato a toni altrettanto forti, come l’arancione e il giallo, chi disegna sta attraversando un periodo di grande agitazione o si trova in uno stato ansioso che richiede aiuto.
Blu: è il colore della calma, dell’amore e del senso di appartenenza. Chi usa molto il blu sta inviando un messaggio di questo. Ha bisogno di sentirsi amato e accettato, ma anche di un ambiente tranquilla e accogliente.
Verde: Il colore dell’IO: chi lo usa in abbondanza sta cercando di imporre la propria personalità , di realizzarsi, di affermare la propria identità. Lo stato emotivo è di un equilibrio in tensione, di chi vive in uno stato di costante allerta.
Giallo: Il colore della socialità, dell’apertura all’esterno e del futuro. Chi sceglie questa tonalità e la predilige nei disegni, è una sorta di amicone di tutti, non sa vivere senza circondarsi di amici. Ma dietro questa estroversione e simpatia a tutti i costi maschera una paura profonda della solitudine. Piuttosto che rimanere solo, il personaggio “giallo” accetta anche chi non gli piace.
Marrone:
Viola: è chiamato il colore degli artisti, perchè denota grande sensibilità. Coloro che abbondano nel viola sono persone molto sensibili, talvolta incapaci di porre i propri limiti, di difendere i propri diritti perché fin troppo attenti alle necessità altrui. Sono persone che facilmente cadono di fronte a un ricatto affettivo, per non sentirsi in colpa.
Nero: il colore della ribellione, del “No”, dell’adolescenza. Coloro che preferiscono il nero amano quindi la polemica, l’energia d’urto, non temono di mettersi in contrasto anzi spesso finiscono col trasformare in discussione ogni minima divergenza di opinione. Vanno aiutati a non mettersi sempre in antagonismo.
Bianco: è il non colore, per definizione. Lo si può aggiungere a qualsiasi altro colore per renderlo più chiaro , ma anche più luminoso. Chi sceglie il bianco tende a non volersi pronunciare, a non esprimere la propria opinione.
Grigio: è il colore maschera, di chi non si espone o cela la sua vera personalità per timore di dover poi difendere le posizioni di cui non si sente sicuro. Chi disegna in grigio in realtà non desidera colorare i propri disegni, finisce perciò per essere un razionale che cerca la logica ad ogni costo, come garanzia di sicurezza , per timore di manifestare le proprie emozioni.

GLI SCARABOCCHI DI ALCUNI PERSONAGGI

Ogni casa una tipologia di personalità
MARCELLO CIRILLO disegna una casetta nitida e lineare, così dovrebbe essere il suo carattere, chiaro e prevedibile. Il camino che fuma indica un grande senso della famiglia, confermato anche dalle tegole del tetto, tracciate con una precisione quasi maniacale. L’attenzione ai particolari indica l’amore per il dettaglio e per l’ordine anche nella vita, il bisogno di organizzare la giornata fin nei minimi dettagli.
MAX DE PALMA disegna una casa inserita in un paesaggio. L’insieme dei tratti che sembrano quasi sfuggire dalla penna, dà la sensazione della velocità, quasi dell’impazienza. Pur avendo inserito tutti i dettagli necessari, lo schizzo indica un temperamento vulcanico, una personalità piena di idee. Gli alberi hanno la chioma a groviglio, le radici accennate con un tocco di penna, così come porte, finestre e camino. Insomma, De Palma vorrebbe essere capito al volo ancor prima di parlare.

Tanti i disegni geometrici, ma non sono tutti uguali!
GIGI SABANI predilige le cifre. Una predilezione per la logica, che forse è anche la modalità preferita per affrontare le situazioni della vita. Di certo chi scarabocchia numeri non rivela molto di se stesso e preferisce che la sua vera personalità rimanga dietro una sorta di maschera.
PAOLO FOX traccia una scacchiera. Un labirinto o una maschera imperturbabile? In realtà ambedue. Non vuole dire molto di se stesso questo scarabocchio che è un reticolato senza esseri umani, senza paesaggi, senza animali e senza case. Dietro il reticolato può esserci qualsiasi cosa o chiunque. Ottime capacità di autocontrollo in qualsiasi situazione.
MICHELE GUARDI’ ha tracciato uno scarabocchio geometrico che unisce linee rette a linee curve, in una fusione che crea equilibrio e senso estetico. La razionalità prevale sull’emotività ma sempre calibrata nella ricerca della perfezione ideale. L’autore ha sentito inoltre il bisogno di racchiudere il disegno in una cornice, come a voler delimitare se stesso dal prossimo. Un bisogno ulteriore di chiarezza nei rapporti umani.
PAOLA SALUZZI desidera raggiungere un obiettivo cui tiene in modo particolare. Ha disegnato infatti una scala che somiglia a un podio. Il suo disegno non è però soltanto geometrico, infatti l’autrice aggiunge dei cuoricini, un modo per sciogliere la rigidità dello scarabocchio con un tocco di femminilità e di…imprevedibilità.

Un fiore per definire il proprio IO
RAMONA DELL’ABATE si pone al centro dell’attenzione, ma con delicatezza e savoir faire. Il fiore è disegnato partendo da un punto centrale che progressivamente si allarga, rimanendo centrato su se stesso. Inoltre è di dimensioni piuttosto rilevanti, ciò indica un bisogno di essere protagonista delle situazioni. Il tratto è però curvilineo, quindi l’autrice sa porsi col prossimo in modo cordiale e garbato…basta lasciare che sia lei a condurre il gioco.

Il tratto artistico indica sensibilità
SABINA STILO: Tanta sensibilità in un vero e proprio quadretto, dove le ombreggiature in bianco e nero mostrano come le tonalità emotive siano prevalenti nel temperamento dell’autrice. In questo disegno, che è un vero e proprio esercizio artistico, l’autrice mostra quanto sia capace di impegnarsi e la serietà con cui affronta i propri obiettivi. La sua grande emotività talvolta la può condurre ad alti e bassi del tono dell’umore.

Sa scherzare su se stessa e sdrammatizzare la vita
STEFANIA ORLANDO: un pupazzetto che sorride. Sembra un neonato o un orsacchiotto. In ogni caso trasmette allegria e buon umore. Chi rappresenta in modo prevalente esseri animati e visi, mostra facilità di contatto sociale, il bisogno di svolgere un’attività a contatto con gli altri. In questo caso il sorriso denota ottimismo, il tratto veloce e sintetico una intelligenza intuitiva, il gesto curvilineo la capacità di fondere la razionalità con la sensibilità .

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In Treatment, versione italiana con Sergio Castellitto

In treatment con Sergio Castellitto. L’opinione di una psicoterapeuta

Pubblicato il 4 maggio 2013 da Paola Federici

In Treatment è una serie tv drammatica incentrata sulle vicende dello psicoterapeuta Giovanni Mari, interpretato da Sergio Castellitto.

La prima stagione italiana era andata in onda sulla tv a pagamento di Sky Cinema dal 1° aprile 2013 con 35 episodi girati, gli ultimi episodi sono del 2015. Gli appassionati li avranno certamente visti.

La versione italiana è un remake della serie tv USA della HBO In Treatment, a sua volta tratta dal format israeliano “BeTipul”. Il dottor Giovanni Mari riceve nel suo studio pazienti con diverse problematiche dal lunedì al giovedì. Il venerdì diventa lui stesso paziente, andando in supervisione da Anna, terapeuta e mentore che lo aiuterà a fronteggiare le difficoltà del suo lavoro e le complicazioni della vita familiare.

Cast. Sergio Castellitto, Kasia Smutniak, Barbara Bobulova, Adriano Giannini, Guido Caprino, Valeria Golino, Licia Maglietta

Il Commento di di Paola Federici, spettatrice e psicoterapeuta

Sergio Castellitto è l’attore adatto a interpretare il ruolo dello psicoterapeuta Giovanni Mari che richiede riflessione, calma, ponderazione, credibilità. Sicuramente lo rappresenta in modo encomiabile: bene inserito nel contesto, capace a livello emotivo, tanto che è facile per lo spettatore appassionarsi a questa serie dove le sedute, pur ristrette in una mezz’ora di tempo televisivo, sono cosi intense da sembrare un’ora reale di psicoterapia. Facile sentirsi protagonisti e tifare perfino, in alcuni momenti, per l’uno (il paziente) o per l’altro (il terapeuta).

In alcuni momenti drammatici, soprattutto per il terapeuta quando si deve trarre d’impaccio, ci si ritrova a chiedersi :”E adesso come farà? Cosa dirà? In quale guaio si è cacciato con questa ragazza… come si toglierà dall’impasse?”. Ecco, capita sovente di tifare e preoccuparsi piu’ per lo strizzacervelli che per il paziente. Perchè? In fondo sono i pazienti ad avere problemi , per lo psicoteraputa dovrebbe essere semplicemente la sua professione… eppure, ci si ritrova a non sentire cosi pesantemente i problemi dei pazienti e a tifare per Castellitto, forse per quel suo accogliere, forse a volte fin troppo passivamente, tutto ciò che i pazienti gli scagliano contro. Per esempio quando uno di loro gliene dice di cotte e di crude, eccolo , irremovibile, a rispondere: “Ecco, lei se la prende con me perchè non sa con chi prendersela in questo momento, ma va bene cosi, io sono qui per questo“. Mentre pronuncia queste parole seduto nella sua poltrona, incurva la schiena, sembra prendere l’ennesimo colpo della sua vita, come se le sedute fossero la sua vita. Un po’ troppo personale come reazione rispetto a una professione che è, certamente, di coinvolgimento emotivo come nessun’altra professione puo’ esserlo, ma sembra fin troppo coinvolto. Il linguaggio del corpo dell’attore ne tradisce l’emotività personale, lascia come trasparire uno stralcio della propria vita, non di quella da psicoterapeuta. Come se fosse, anche nella vita privata, abituato a “incassare” troppo, a tacere e lasciar correre. Questo non dovrebbe apparire in una seduta, il terapeuta si sa, è esercitato a mantenere un atteggiamento accogliente ma non passivo, nè aggressivo. Nè tantomeno lasciar trapelare improvvisi moti personali dell’animo.

Molto belle alcune puntate, per esempio quelle con protagonista la ragazzina che ha causato un incidente e viene inviata al dott. Mari per un parere psicologico a fini legali. Molto bene interpretata la parte di chi deve scandagliare tutto il possibile, come fosse un padre buono di cui l’adolescente può fidarsi. Affrontando l’ambivalenza della giovanissima paziente che si fida ma non del tutto, sa bene che il parere dello psicologo potrebbe volgersi contro di lei. In questo caso il ruolo, difficile e sfaccettato dello psicologo, è molto ben condotto.

Si deduce invece , in alcune puntate, forse un eccesso di preoccupazione da parte del regista , nel voler mostrare quanto la vita di uno psicoterapeuta sia, in fin dei conti, la vita di un essere umano come tutti, lungi dall’essere perfetto. E fin qui siamo d’accordo, ma è pur vero che, in una seduta, la vita reale del terapeuta non dovrebbe trasparire. C’è da chiedersi quanta esperienza abbia avuto con una realtà “reale” di psicoterapia chi ha ideato la trama o chi ha condotto la regia, perchè molto sfugge al regista delle regole che di norma uno psicoterapeuta deve utilizzare come strumenti chirurgici.

Tra queste, la regola fondamentale che in seduta si parla della vita del paziente e non di quella dello psicologo. Pare invece che nella serie televisiva italiana, questo principio fondamentale venga allegramente by-passato. Non si sa se per necessità di audience o se per ignoranza. Meraviglierebbe se fosse la seconda motivazione. Meraviglia però anche se fosse la prima, perchè se per avere suspence e audience si presentano sedute condotte in modo poco ortodosso, c’è da chiedersi se sia allora una serie valida a livello informativo e culturale, al di là del successo di pubblico.

Ecco un altro esempio: il paziente Dario sembra a un certo punto voler sfidare il terapeuta in una escalation, che prosegue in piu sedute , ma che in una in particolare diventa fortemente invasivo, quando gli butta addosso tutto ciò che sa della vita di Mari. Il paziente ha indagato, ha scoperto che il terapeuta ha una moglie che lo tradisce, l’ha vista a Parigi con l’amante, e insiste nel volerlo umiliare con queste verità. E’ vero che vuole distruggere il terapeuta in quanto percepito come simbolo paterno, un padre verso il quale ha sempre provato senso di inferiorità. Lo psicologo tace, e nega anche l’altra insinuazione di Dario, di essere l’amante di una paziente che ambedue conoscono. Il dott. Mari ha inizialmente assunto il corretto atteggiamento di distacco, non dando informazioni riguardo a se stesso. Ma poi non ce la fa ed entra nel contesto negando questa insinuazione, ma cosi facendo entra in un gioco in cui non era suo compito entrare.

E quando il paziente, sentendo che i propri attacchi non vanno a segno come vorrebbe e conclude gettando addosso al suo terapeuta tutto il resto la verità sulla sua vita privata , con particolari da investigatore, e in modo altamente accusatorio, Castellitto/Mari , anche allora, non pronuncia come dovrebbe essere suo dovere , la frase inequivocabile “Guardi che la mia vita privata non la riguarda. Le ricordo che lei è qui per risolere i suoi problemi. Non sono tenuto a rispondere sulla mia vita personale a lei”. Se lei ha sentito la necessità di indagare su di me, allora è di questo suo bisogno che dovremmo parlare”. Nulla di tutto ciò.

Il terapeuta continua a tacere, a incassare con sguardo sempre meno impassibile, sempre più addolorato e stanco, forse disperato, senza proferire verbo. Il paziente sembra un avversario all’attacco, su un ring dove il terapeuta sta per soccombere senza più possibilità di difendersi. Ma soprattutto non riesce a rimanere impassibile e a pronunciare le fatidiche importanti parole. Manca una comunicazione sana, che distingua chiaramente chi sia il paziente e chi il terapeuta.

Alla fine della puntata, lo psicoterapeuta Mari, all’ennesima accusa di essere l’amante della paziente in questione, scaglia l’acqua contenuta in un bicchiere contro il suo paziente e lo afferra per il bavero della camicia, con la frase “lasci stare le mie pazienti!“.

Con tutto il rispetto per la libertà della regia e della libera interpretazione, non penso si tracci un’immagine realistica della figura dello psicologo e dello psicoterapeuta, come invece il serial parrebbe proporsi. Un terapeuta che agisce in questo modo è altamente lesivo per il risultato positivo di una psicoterapia, oltrechè confusivo per chi aspetta da lui chiarezza, fermezza e risposte adeguate al contesto di un setting terapeutico.

Per fortuna, il dott. Mari si reca una volta la settimana alle sedute di supervisione da una collega , al fine di chiarire le sue personali problematiche. Il che è encomiabile e dovrebbe essere sufficiente, insieme alle scene di litigio con la moglie in crisi, a mostrare come anche uno psicologo abbia una vita personale col proprio bagaglio di problemi.

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Make me perfect

NON MI PIACCIO E MI FACCIO CAMBIARE LA FACCIA!
Make me perfect” , su La 5 il sabato e il martedi indaga su quanto sia psicologicamente sano cambiare il proprio corpo o i lineamenti del viso con la chirurgia estetica. Quanti si trovano insoddisfatti perenni anche dopo ripetuti interventi?

Di Paola Federici

Oggi sembra diventata una moda e solo in alcuni rari casi un reale bisogno, la chirurgia estetica cambia volti, corpi, età, regalando un’immagine di sé fittizia o reale, l’illusione di stare finalmente bene nella propria pelle o l’insoddisfazione continua che va ben oltre all’immagine esteriore e fa ipotizzare uno stato di inquietudine di ben altra entità.
Nella mia professione di psicoterapeuta più volte ho udito mariti che mi raccontavano in seduta di aver “regalato” alla consorte un intervento al seno per il suo compleanno, o una blefaroplastica che “lei desiderava da tempo”. Quale significato inconscio possa assumere agli occhi della moglie un simile regalo appare evidente, ma le mogli – e spesso anche i mariti che la blefaro se la sono già fatta fare prima delle mogli – immerse nell’illusione dell’eterna giovinezza, vivono l’inconsueto regalo come un dono dell’amato che le desidera….ma…le desidera se e solo se…sempre giovani , solo se saranno sempre le belle del reame? Una contraddizione che non molti colgono , incompatibile con l’imperfezione e il deperimento fisico dell’essere umano.
La serie di filmati “Make me perfect”, in onda su La 5 nelle serate di sabato alle ore 00.45 e il martedi alle 00.10, intende mostrare, alcune situazioni ”tipo” nelle quali la richiesta di intervento chirurgico estetico viene affiancata prima da un colloquio con una psicologa, che ha l’obiettivo di far luce sulle motivazioni che hanno condotto la persona a quella scelta. Ovviamente vengono messe in chiaro , se sussistono, le problematiche sottostanti alla richiesta, gli eventuali conflitti d’identità, la mancata accettazione di sé, il tipo di aspettative che la persona instaura con gli altri, che molto spesso sono improntate alla sensazione di inadeguatezza molto pesante e alla difficoltà di sentirsi accettati e amati dagli altri. Ciò che rimane in dubbio è spesso il dopo: cosa accadrà dopo l’intervento? E’ questo il nocciolo della scelta: operarsi o no? Come si starà dopo? Si saranno risolti i propri problemi? O si creerà una sorta di circolo vizioso di interventi estenuanti e insoddisfacenti?
Identità e immagine sociale nel mondo di oggi
La nostra società dell’immagine e della leggerezza dell’essere è una società su misura della gioventù: nei negozi si trovano solo abiti per i giovani, le taglie ormai sono solo “infantili” e richiamano la necessità di mantenersi “affamati” per essere accettati dal mondo, se superi la taglia 38 sei fuori. I viaggi e le offerte di ogni tipo sono per i giovani, nei villaggi vacanza trovi solo trentenni, le animazioni non prevedono gli anta….vai al supermercato e i commessi ti danno del tu anche se non ti hanno mai visto, siamo immersi in questa illusione di gioventù che inebria da un lato, ma conduce su un binario morto quando all’improvviso ti cala la palpebra o il sedere scende irrimediabilmente verso terra. E allora cosa fai, quando giovane non lo sei più? Se non si hanno altri valori interiori, il punteggio è fortemente in discesa e ci si sente “out”. E allora ecco l’ultimo approdo: la chirurgia estetica, capace di farti sognare un limbo perduto.
Sempre più persone cominciano l’iter e si autoregalano piccoli interventi di chirurgia estetica ormai all’ordine del giorno, o sedute botuliniche ogni tre mesi “senza dirlo a nessuno mi raccomando” anche se lo sa il mondo. Sempre più alla portata dei portafogli di massa, i minilifting molto meno invasivi di un tempo, le “punturine”, l’acido ialuronico, il laser per togliere le inestetiche macchie della incipiente vecchiaia che il fondotinta non riesce più a mascherare. E dopo qualche tempo non ci si accontenta più, non resta allora che la strada degli interventi chirurgici, veri e propri status symbol sociali.
L’ipotesi di affiancare degli psicologi ai medici in ogni clinica di chirurgia estetica seria sarebbe l’optimum anche nella realtà, oltre che nella fiction , perché un’ indagine delle motivazioni che conducono alla decisione di un intervento è fondamentale per prevederne la riuscita, non solo fisica, ma anche psicologica. Infatti quanti si rivolgono al medico estetico hanno talvolta valori di riferimento legati soprattutto a un’immagine sociale di perfezione , che potrebbe nascondere problemi di identità profondi, una scarsa autostima e accettazione di sé condizionate all’approvazione altrui . Altre volte sussistono problemi che gli interessati si portano dietro da una vita, e solo casualmente un evento scatenante improvviso puo’ riportare a galla: ad esempio un marito che ha una relazione extraconiugale con una donna più giovane della moglie può far scattare la molla del “rinnovamento” fisico estetico in una moglie poco sicura della propria identità. Il tutto rimane, ovviamente, sul piano estetico esteriore, se non si analizzano i veri motivi della crisi coniugale di fondo. E uno psicologo può, in casi come questo, essere fondamentale prima di decidere per un intervento estetico, che, se eseguito su una personalità labile da un punto di vista emotivo, potrebbe condurre a peggiorare la condizione psicologica dell’interessato.
Quale allora la linea di demarcazione fra interventi estetici necessari e quelli invece inutili se non dannosi? Se togliamo i casi in cui la chirurgia interviene per ridare dignità a un corpo che l’ha perduta per cause gravi, come incidenti o gravi malattie deturpanti, rimangono gli innumerevoli casi dovuti alla decadenza fisica dell’età, a un naso che non piace, o a rughe troppo evidenti. In tutti questi molteplici casi, la figura dello psicologo , come vuol mostrare la serie tv, può diventare un valido sostegno per una decisione calibrata e consapevole.
ALCUNE INFORMAZIONI DI PSICOLOGIA
Identità, accettazione di sé e modelli di perfezione
Gli studi psicodinamici hanno messo in risalto la centralità delle prime relazioni nella costruzione dell’accettazione del proprio corpo, il rapporto con il cibo oltre che l’importanza e la criticità del ruolo del padre.
Tuttavia la società attuale ha ormai assunto un ruolo fondamentale, proponendo modelli che fino a pochi decenni or sono erano impensabili: tutti noi sappiamo quanto il modello di perfezione proposto dai mass media sia irraggiungibile e siamo anche consapevoli della differenza tra modello e realtà, eppure siamo così incessantemente esposti e bombardati da questi messaggi che una parte di noi è inconsapevolmente convinta che per essere soddisfatti occorre essere accettati da tutti (!) e che per essere così universalmente accettati sia auspicabile avere un involucro, il nostro corpo, che sia gradevole, vale a dire essenzialmente magro e senza difetti.
Non a caso assistiamo ad una crescita esponenziale del ricorso alla chirurgia estetica, anche in età giovanissima e con il pieno appoggio dei genitori, in alcuni casi assistiamo ad una corsa ossessiva alla perfezione. Spesso il ritocco o il sogno del ritocco è anche un modo per andare alla ricerca del proprio vero sé in persone che sentono di non essere pienamente identificate con il proprio corpo.

E’ il “senso di inadeguatezza” (che è anche uno dei criteri diagnostici dei disturbi alimentari): queste persone hanno la continua sensazione che la loro unità mente-corpo così come è non vada bene: non li fa sentire bene dentro alla propria pelle ed inevitabilmente causa anche grossi problemi relazionali con gli altri. Chi soffre di inadeguatezza è costantemente alla ricerca del proprio vero sé, ma anche in un certo senso anche del proprio vero corpo, che non ha modo di esprimersi pienamente.

Queste persone non hanno ancora ben acquisito quel senso di identificazione in sé (la propria identità) che è il risultato dell’adolescenza. In loro qualcosa è rimasto in sospeso, tanto da non riuscire ad accettarsi pienamente (“questo sono io”) oppure, nel caso di adolescenti, la persona esprime tutta la difficoltà del costruire la propria identità separata.

In questi casi, piuttosto che di interventi chirurgici estetici, si tratta di avviare una vera e propria psicoterapia, che abbia l’obiettivo di completare il cammino verso la costruzione dell’identità; ciò significa essenzialmente consapevolezza di sé, degli aspetti più accettabili e di quelli meno, della propria storia, delle proprie rinunce, delle proprie scelte qualsiasi siano state.
La terapia deve però anche tenere conto del fatto che, nel caso delle dismorfofobie, la sofferenza ha oramai preso la via espressiva di un sintomo ben definito: l’unità mente-corpo ha “imparato” a gestire la sofferenza attraverso la fobia di una parte del corpo, vale a dire a “fare finta” che il problema sia quel singolo e definito difetto corporeo. Talvolta un difetto veramente insignificante o minimo agli occhi dei più, è percepito come gigantesco e insopportabile agli occhi del soggetto.

Nessun intervento medico estetico potrà quindi prescindere da una vera e propria rieducazione, perché la persona deve imparare a fare a meno del sintomo e lo farà quando riterrà di poter gestire la propria sofferenza altrimenti. In questi casi l’intervento non rappresenta la soluzione, perché il sintomo finirebbe per essere presto spostato su un altro “pezzo” del corpo.
Chi non ricorda l’infelice Michael Jackson? Un esempio di mostro vagante e insoddisfatto, che nulla aveva più di somigliante a quel corpo originario che aveva sempre rifiutato e nello stesso tempo sempre cercato e rinnovato incessantemente, ma sempre comunque rifatto e rifiutato, in un calvario frustrante e ossessivo.

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Sintomi e patologie

 

Disturbi di personalità
Disturbi dell’umore: depressione, ciclotimia ansioso-depressiva, premestruale, alterazioni dell’umore
Disturbi psicosomatici
Ipocondria – Tic negli adulti e nei bambini
Nodo alla gola sintomi gastro-intestinali
Ipertensione da stress, stili di vita errati
Dolore mestruale psicogeno
Agitazione psicomotoria
Disturbi alimentari: anoressia bulimia, abbuffate compulsive
Disturbi del sonno: insonnia, ipersonnia,  incubi notturni (adulti e bambini)

Dipendenze patologiche sintomi legati a stress, burn-out, mobbing

Età evolutiva e adolescenza
Problemi di apprendimento e problemi scolastici, ansia da separazione
Fobie nei bambini, disturbi della nutrizione, alterazioni dell’umore, problemi del linguaggio
Balbuzie, disturbi capacità motorie enuresi ,encopresi -i Disturbi della condotta, problemi di relazione con adulti e coetanei – Comportamenti a rischio
Problemi affettivi e relazionali
Sospetti abusi

Separazione e divorzio, problemi di adattamento e problemi lavorativi
Dipendenze patologiche affettive
Dipendenze da farmaci , da fumo, ecc.

Si riceve su appuntamento in orari da concordare dal lunedi al venerdi, il sabato solo su effettiva necessità: tel.02.9055510 – cell. 339.4632424 o scrivere a: paolafedera@gmail.com

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